Chiunque si occupi di gestione di siti web e di posizionamento sui motori di ricerca sa quanto sia prezioso nell'analisi dell'andamento di un sito web sapere quale è stata l'influenza dei risultati organici sui motori di ricerca nella produzione delle visite, e per chi investe in SEO è assai utile sapere quali risultati si sono ottenuti, e quali sono le keyword che funzionano meglio rispetto ad altre.
Questa informazione tradizionalmente ci veniva messa a disposizione da Google Analytics nella sua scheda dei “Risultati Organici” alla sezione “Sorgenti di Traffico“. In questo report ormai da qualche tempo ci siamo abituati però a vedere la dicitura (not provided) fra la lista delle parole chiave. Tutta via aveva questa non-keyword riguardava una parte tutto sommato trascurabile delle visite, e quindi poteva essere tranquillamente ignorata. Negli ultimi tempi però, il volume di visite da motori di ricerca classificato come “not provided” sta drammaticamente aumentando.
Che cos'è la keyword (not provided)?
Il risultato “not provided” di Analytics è dovuto all'utilizzo del protocollo SSL per la connessione di tutti gli utenti che hanno effettuato il log-in in uno qualunque dei servizi offerti da Google (Gmail, Google+, YouTube, ecc.) ed effettuano poi delle ricerce sul web. Sotto l'egida della tutela della privacy di questi utenti, Google ha quindi deciso di non rendere più disponibili le informazioni sulle ricerche da loro effettuate.
Ma a ben guardare non sono solo le ricerche effettuate da utenti loggati ad essere offuscate. Perché anche una volta eseguito il log-out dai servizi Google l'utente continua a rimanere in un contesto di navigazione sicuro, con protocollo https e quindi con connessione criptata, con il risultato che le sue ricerche continueranno a non essere visualizzate, sebbene l'utente non sia più connesso e quindi riconoscibile.
Ultimamente poi sia Firefox che Chrome reindirizzano automaticamente i propri utenti ad un protocollo https quando viene digitato l'indirizzo di google, o quando viene effettuata una ricerca tramite i rispettivi search box. Anche in questo caso la conseguenza è che qualunque ricerca effettuata utilizzando i due browser finisca inevitabilmente per essere classificata come “not provided”.
A chiunque si occupi di web analytics appare evidente come il numero di parole chiave “not provided” stia drammaticamente crescendo, coinvolgendo volumi di ricerca particolarmente significativi, con punte anche dell'80% e la conseguente totale inutilità del report sulle Parole Chiave. Per farsi un'idea delle dimensioni raggiunte ormai dalla tematica vi consigliamo una visita al sito www.notprovidedcount.com, che tra l'altro stima che per alcuni siti già entro la fine di novembre 2013 il 100% delle parole chiave potrebbe essere classificato come “not provided”.
Come può essere risolto il problema?
Guarda caso, questi buoni propositi sulla tutela della privacy degli utenti non valgono per le campagne AdWords (a pagamento), e quindi i siti che utilizzano questo prodotto continueranno ad avere accesso alle liste delle keyword digitate dagli utenti che cliccano sugli annunci. Questo ha spinto qualcuno a sostenere che in questo modo Google ha assegnato un prezzo alla tutela della privacy dei suoi utenti.
Per tutti coloro che invece non hanno attiva una campagna AdWords sul proprio sito non resta che provare a trovare una soluzione alternativa. In rete ci sono molti consigli per provare ad aggirare il problema, alcuni anche molto sofisticati, ma nessuno riesce comunque a risolvere il problema in modo definitivo.